Rivista Liturgica 2/2025
«La sostanziale unità
del rito romano…» (SC 38)
Esplorazioni.
Il presente fascicolo di RL si pone in corrispondenza della problematica relativa al Rito “romano”, che, secondo gli auspici di SC 38, deve essere salvaguardato nella sua “sostanziale unità”. E ciò tenendo ben presente (opportune prae oculis habeatur) «la struttura dei riti e l’ordinamento delle rubriche».
Il dettato è preceduto da quello di SC 37, dove si afferma categoricamente che «la Chiesa non desidera imporre una rigida uniformità (rigidam unius tenoris formam) nelle cose che non riguardano la fede o il bene di tutta la comunità, e nemmeno nella liturgia». Si arriva addirittura ad auspicare:
«Tutto ciò che nei costumi dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se è possibile, lo conserva inalterato, anzi a volte lo ammette nella liturgia stessa, perché possa armonizzarsi con gli aspetti del vero e autentico spirito liturgico».
Icastico è il commento di un noto studioso in merito: «La sezione dedicata all’adattamento liturgico è certamente nella costituzione una delle più innovative; il suo impatto sulla vita liturgica è destinato a ridisegnare profondamente il volto della liturgia e della stessa Chiesa nella sua dimensione di cattolicità».
Di riscontro, si può senza dubbio concordare che «non è facile, tuttavia, stabilire in che cosa consista la sostanziale unità del rito romano e in quale modo debba essere conservata. Il testo sembra suggerire la strada di una procedura che si basa sui libri liturgici nelle edizioni tipiche, in quanto dovranno contenere indicazioni che consentano e regolino tali inserimenti».
In questo scenario alquanto complesso si collocano allora i presenti studi e note offerte da RL.
