Rivista Liturgica 4/2024
I riti di ingresso e conclusione nella liturgia
Nel 1922 Romano Guardini, ne I santi segni, dedicava una parte della sua riflessione al Portale, ponendo ai lettori una domanda apparentemente semplice:
A che scopo c’è il portale?
E, a suo avviso, il lettore avrebbe risposto:
Perché si entri e se ne esca.
Guardini così commentava:
Certo; ma per entrare e uscire non occorre alcun portale. Una apertura più ampia nella pare-te servirebbe pure allo scopo e un saldo assito di panconi e forti tavole basterebbe all’apertura e alla chiusura. La gente potrebbe entrare e uscire: sarebbe anche di minor costo e più rispondente allo scopo. Non sarebbe però un “portale”.
Perché allora il portale? Il portale sta tra l’esterno e l’interno; tra ciò che appartiene al mon-do e ciò che è consacrato a Dio. E quando uno lo varca, il portale gli dice: «Lascia fuori quello che non appartiene all’interno, pensieri, desideri, preoccupazioni, curiosità, leggerezza. Tutto ciò che non è consacrato, lascialo fuori. Fatti puro, tu entri nel santuario.
Il Portale per Guardini è una soglia, un limen, che media il passaggio dal quotidiano al sacro, che sottrae tutti i linguaggi (verbali e non verbali) dall’uso comune per aprirci ad un mondo altro. In fondo, se il rito potrebbe essere definito “luogo originario della liminalità”, di una liminalità dinamica, dal momento che conduce fuori da un contesto quotidiano per poi far rientrare in tale contesto: i riti di introduzione mediano tale entrata e uscita. Il rito apre ad un livello altro di esperienza, di realtà. I riti religiosi «sollevando i linguaggi dal loro uso ordinario per scuotere la sensibilità, consentono agli esseri umani di accedere al sacro in modo esperienziale».
Si comprende, quindi, la delicatezza della messa in opera dei riti che aprono e che chiudono il nostro celebrare. Per questo, il già citato Romano Guardini, ne raccomandava una particolare cura:
Non dovremmo varcare così frettolosamente, quasi di corsa, il portale! In raccolta lentezza dovremmo superarlo e aprire il nostro cuore perché avverta quello che il portale gli dice. Dovremmo, anzi, prima sostare un poco in raccoglimento perché il nostro avanzare sia un avanzare della purezza e del raccoglimento. […] Qui invece lo spazio è riservato per Dio. Lo sentiamo nei pilastri che si drizzano verso l’alto, nelle pareti ampie e robuste, nella volta elevata: sì, questa è la casa di Dio, l’abitazione di Dio in una maniera speciale, interiore.
Abbiamo bisogno di mediazioni, di soglie; purtroppo, spesso, proprio tali soglie risultano essere trascurate nella prassi pastorale, compromettendo così il rito nella sua totalità.
Rivista Liturgica, come “di tradizione”, affronta l’entrare e l’uscire dal rito da molteplici prospettive: antropologica, liturgica, soffermandosi sul linguaggio musicale e architettonico.
Qui si offre soltanto qualche soffusa sottolineatura, per esprimere la ricchezza dei contributi e, ancora una volta, il servizio reso dalla rivista a tematiche così essenziali.
