Rivista Liturgica 3/2023

La celebrazione della fede in famiglia

Celebrazione della fede in famiglia o famiglia che celebra nella comunità ecclesiale?
Sicuramente quanto vissuto durante la pandemia, la revisione dei cammini di Iniziazione cristiana dei fanciulli da parte di alcune diocesi italiane, e la valorizzazione in corso delle ministerialità laicali, chiede un approfondimento e una riconsiderazione della questione.
È lecito utilizzare il termine “liturgia” per parlare appunto della preghiera che si svolge all’interno delle mura domestiche?
È importante ricordare come la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, al n. 11, utilizzi l’espressione “chiesa domestica” per definire la famiglia: «In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale», e come in LG 6 venga utilizzata l’immagine della famiglia per descrivere la Chiesa («casa di Dio [cfr. 1 Tm 3,15, nella quale cioè abita la sua famiglia»). In questo modo viene offerta la possibilità di riscoprire la famiglia come Chiesa, e quindi anche come Chiesa orante. In questo orizzonte si legge nella Presentazione della Chiesa Italiana al Rito del Matrimonio (2002):

La coppia e la famiglia, in virtù del sacramento, diventano immagine viva del mistero stesso della Chiesa e partecipano della sua fecondità. Attraverso la testimonianza di un amore oblativo, fedele, indissolubile e fecondo, accolgono e trasmettono in modo peculiare e insostituibile il dono della salvezza che viene da Cristo.

È interessante poi quanto precisa il Concilio nel decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam auctuositatem (18 novembre 1965), e cioè che la famiglia «ha ricevuto da Dio la missione di essere la cellula prima e vitale della società. E essa adempirà tale missione se […]si mostrerà come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia si inserirà nel culto liturgico della Chiesa».

Se naturalmente nel documento citato viene evidenziato come la famiglia debba inserirsi nella preghiera della comunità ecclesiale, d’altra parte non si può non riconoscere come in diversi libri liturgici post conciliari venga dato spazio alla famiglia, e non solo in relazione alla educazione cristiana dei figli (ad esempio come nel il Rito del Battesimo dei bambini, o nel Rito del Matrimonio), ma anche alla famiglia come luogo della celebrazione liturgica. È sufficiente richiamare il Rito dell’Unzione degli infermi, il Rito delle Esequie e naturalmente il Benedizionale. A tale proposito, nonostante il necessario adattamento della preghiera oraria della Chiesa alla vita familiare, anche in Principi e Norme per la Liturgia delle Ore si ritiene “cosa lodevole” se «la famiglia, santuario domestico della Chiesa, oltre alle comuni preghiere celebri anche, secondo l’opportunità, qualche parte della Liturgia delle Ore, inserendosi così più intimamente nella Chiesa» (PNLO 27).

Sorprende però che l’interesse per la celebrazione della fede in famiglia, non sia nato dalle recenti assemblee sinodali sulla famiglia (III Assemblea straordinaria, 5-19 ottobre 2014; XIV Assemblea ordinaria, 4-25 ottobre 2015), e dalla esortazione apostolica post sinodale Amiris Laetitia (19 marzo 2016), nella quale la relazione liturgia e famiglia è piuttosto marginale, ma da quanto la famiglia si è trovata a vivere durante la pandemia, e dall’ormai indispensabile suo coinvolgimento nei cammini di iniziazione cristiana (dei fanciulli ma non solo).

Tutto ciò rappresenta l’orizzonte di questo numero di Rivista Liturgica, che vuole affrontare il tema della Celebrazione della fede in famiglia da molteplici punti di vista, nella speranza di offrire un significativo contributo alla scienza liturgica e non solo.